Arlequines

Текст: Jessica Attene , опубликовано: Tuesday 15, October 2013
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Ogni album dei Vezhlivy Otkaz ha una storia tutta sua che vale la pena scoprire, se guardiamo però il recente “Gusy Lebedi” (2012) e l’altrettanto splendido “Kosa na kamen” del 1997, appare evidente che il primo è una evoluzione abbastanza consequenziale del linguaggio musicale del secondo. Ecco quindi che “Geranium” occupa un posto tutto suo nella discografia del gruppo, collocato in una bizzarra strada senza uscita che si dirama lungo la via che unisce le due opere prima citate. Si tratta in ogni caso di un’occasione per sperimentare nuove direzioni musicali e per trovare nuovi equilibri creativi a partire dalle situazioni di vita reale che all’epoca il gruppo stava affrontando. Prima di tutto a causa di un incidente d’auto il tastierista Maxim Trefan, compromesso l’uso della mano destra, fu costretto ad abbandonare il gruppo. Ma arrivò al suo posto Pavel Karmanov, pianista di estrazione accademica, con la sua energia ed il suo grande talento. Per la stesura delle liriche nasce poi la collaborazione con un nuovo poeta, Grigory Dashevsky, fatto questo abbastanza cruciale per la musica del gruppo, vista l’importanza della ritmicità dei versi nel contesto dell’architettura sonora.

Riguardo lo stile musicale, ora pende decisamente sul versante del jazz, in una forma abbastanza rude e spigliata ma comunque mai eccessivamente destrutturata e priva di quegli elementi del tutto svincolati gli uni dagli altri tipici del free o di certo avant-jazz. Se vogliamo abbiamo a che fare più che altro, in diversi frangenti, con una strana forma abrasiva di Bebop. L’uso estensivo della chitarra acustica di Roman Suslov, che caratterizza fortemente quest’opera, ha un sapore quasi urbano e colloquiale. Con essa il cantante accompagna agevolmente la sua voce nelle sue teatrali divagazioni, quasi fosse un bardo, mentre i fiati di Pavel Tonkovid (sax) e Andrey Solovyov (tromba) si affacciano sugli spartiti come audaci comparse, rimescolando continuamente le carte, in modo accattivante, sfacciato e creativo. Come in “Pizza”, con la chitarra acustica e la voce di Suslov che recita, canticchia, borbotta, aggrovigliando filastrocche e sembra quasi appartarsi a tu per tu con l’ascoltatore mentre i fiati si sbizzarriscono e fluttuano in un morbido jazz lasciandosi andare a ruvidi assoli o intonando melodie scanzonate in un insieme musicale minimale ma decisamente efficace. In “Closet” il sax porta una nota di colore ad una musica che sembra quasi in bianco e nero, col suo sound asciutto ma complesso al tempo stesso. In “To Writer” i fiati sembrano quasi presenze sinistre in un contesto spoglio dove spadroneggiano voce e chitarra arpeggiata. Molto bella poi “Marina and a Bear”, con la chitarra che procede a passi rapidi e corti, quasi inciampando, il cantato declamatorio, e i flussi morbidi di un jazz flessuoso.

Il piano di Pavel ha invece un’impronta decisamente accademica che accentua i contrasti e riporta il sound verso quelle strutture avanguardistiche che già facevano parte del linguaggio del gruppo. Lo sentiamo per esempio agitarsi nervoso, rapido e leggero, in “Flight to Egypt”, curioso brano attraversato da una volata strumentale simil klezmer e aperture R.I.O. impreviste. In “Lullaby” il piano è invece un ornamento prezioso che si muove elegante sullo sfondo mentre Suslov gioca ossessivamente con la chitarra e la sua voce.

Musica non per grandi platee questa ma per piccoli locali fumosi, dove non esiste distanza fra pubblico e ascoltatori e dove è possibile percepire ogni sussulto. Ancora una volta i Vezhlivy Otkaz hanno scovato una forma musicale decisamente originale, inconsueta, riuscendo ad intrecciare insieme elementi assai diversi, dal jazz, alla musica da camera, anche se in misura lieve, all’avant-rock, fino ad arrivare ad una sorta di cantautorato cabarettistico bizzarro e decisamente scenografico. “Geranium” fu seguito da un lungo periodo di silenzio artistico da parte di Suslov, durato una decina di anni. Tutte le sue composizioni si collocano infatti fra il 1997 ed il 1998 mentre i primi spartiti di “Gusi Lebedi” compaiono a partire dal 2007. Il nuovo album, che a questo punto dovremmo conoscere tutti, almeno spero, è tutta un’altra avventura alla quale è ancora più bello arrivare rileggendo passo passo tutti i bellissimi episodi del passato. L’occasione è resa ancora più ghiotta dalla cura con cui è stata realizzata questa ristampa, racchiusa in un bel box di cartone e contenente anche un gustosissimo DVD bonus. Nel DVD potrete vedere il gruppo in faccia mentre si esibisce, correva l’anno 1998, presso il museo Mayakovsky di Mosca, nel 1999 in un club della stessa città e infine in uno show televisivo registrato nel 2006. La scaletta vede “Geranium” in una posizione di rilievo ma vi sono diverse incursioni anche nelle opere pregresse. Il materiale in ogni caso è abbondante, interessante e assolutamente degno di essere assaporato.